La composizione di Yuri Nobili
VERSO OVUNQUE
L’asfalto; gli alberi che sfrecciano; gli altri veicoli, ognuno per la sua via.
Su quella moto, guidando verso… Verso ovunque. Non conta la destinazione, non conta nemmeno il viaggio, l’unica cosa che conta è scappare.
Scappare dalla solitudine e dal silenzio che porta con sé.
Non sopporto quel silenzio, non riesco ad affrontare il terrore di non avere nessuno. La sella del passeggero è vuota. L’unica compagnia è il suono del motore e del vento. Un ruggito ferale ed un fischio acuto. Quel suono che sarà la mia salvezza, che allontana il silenzio. Però il suono mi protegge solo se io mi muovo, mi tiene al sicuro finché non mi fermo.
Non sono certo l’unico su quella strada, ma sono comunque solo: tutti gli altri stanno viaggiando vicino a me, non insieme a me. Anche senza conoscerli, posso essere sicuro che molti di loro condividono le mie emozioni. Quella paura, quel disagio, non sono il solo a provarli. So che nel profondo tutti hanno timore della solitudine e di non essere accettati; possono reprimerlo o nasconderlo, ma quella sensazione rimane sempre.
Ironico come la paura di essere soli, di essere diversi, accomuni le persone.
Però nessuno prova ad affrontare quella paura insieme agli altri. Tutti cercano di sconfiggerla, di farsi coraggio, individualmente. Io non ho il coraggio di fronteggiarla, non ho nemmeno la forza di scapparne. Riesco solo sulla moto. La potenza del motore diventa la mia forza: divento uno dei cavalli, che si muovono in branco. Quei cavalli che non decidono dove andare, ma ovunque vadano viaggiano insieme, nel motore che gira.
Il sole è ormai scomparso, il cielo è scuro. L’aria nera; la strada nera; la gomma nera. La luce dei lampioni si diffonde, illumina ogni cosa che ha intorno. Non mi serve tutto quello. Mi basta il fanale, quella piccola luce che mi precede sempre, che illumina solo il mio percorso. Il resto è superfluo.
Le ruote turbinano. Vortici di acciaio, che ingoiano lo spazio sotto di me. L’acceleratore sempre pieno, il motore in coppia. Tutti i rettilinei a gas pieno e le curve strette. Ogni sorpasso è un azzardo, un momento di pazzia commesso per conservare la lucidità. Un rischio corso per continuare la corsa; perché la certezza di quello che mi insegue è peggiore di ogni rischio.
Non è fretta né incoscienza, non lo faccio per divertimento. Bramo la velocità. È una necessità, perché devo essere più veloce del silenzio, devo impedire che mi raggiunga. Ad ogni frenata sento l’ansia crescere, ogni semaforo è una tortura. “Appena il rosso si spegne parto, qualunque cosa succeda” mi dico. Verde. Il motore urla. Prima; seconda; sono salvo.
Continuo a guidare, a scappare, ed esco dal centro abitato. Mi ritrovo in collina, ora l’illuminazione manca del tutto. Mi rimane solo quell’unico fanale, in mezzo ad un abisso senza luce. La strada si fa contorta, piena di curve e tornanti. Ad ogni piega mi inclino pericolosamente verso l’oblio oscuro che mi circonda, pronto ad inghiottirmi. Però riesco sempre a non cadere, a non perdermi nel baratro, a raddrizzarmi, a proseguire fino al prossimo tornante.
Quel tornante nel buio, una curva cieca. Appena sterzo due luci piombano davanti a me, dritto negli occhi. Rimango abbagliato. Mi avvento sulle leve dei freni. Provo a fermarmi con tutte le mie forze. Mi servirebbe solo più tempo, ma è troppo tardi. Ormai troppo tardi per affrontare la paura o per pentirsi di non averlo fatto. Trovo solo il tempo di correggermi, di accorgermi che avevo torto: adesso preferirei il silenzio a qualunque suono. Il vento non si è fermato, io non mi sono fermato. I cavalli stanno ancora galoppando, ma sono scappati.
Nero. Un buio ancora più fitto e denso di quello della notte. Non sono più sulla moto; non sono più in strada; non sono più. Quella fuga forsennata dal silenzio, quella fuga disperata dalla solitudine mi ha condannato. Sigillato da solo, nella quiete, in eterno.
Così finisce la mia parte in quel singolare copione chiamato “Vita”. Il sipario non cala. È soltanto l’uscita di scena di un personaggio marginale in un mondo di comparse.
NOBILI YURI – ITIS “E. MATTEI” – 2BCH